Gli Amish vivono come una volta ma sono tentati dal cellulare | testo e foto di Pier Giorgio Danella

Nella Kishacoquillas Valley è buio pesto e fa un freddo indescrivibile, il termometro segna meno tre gradi e il vento gelido accresce la sensazione del freddo. Qui ogni mattina verso le cinque mi sveglia il solito rumore, un rumore ritmico e veloce… “cla, cla, cla, cla, cla, cla“, è il trotto di un cavallo che traina un calesse. La valle, fuori dalle rotte turistiche, prende il nome dal capo indiano della tribú degli Shawnee, Kishacoquillas, che l’abitava intorno al 1700. Viene anche comunemente chiamata Big Valley o Kish Valley, ma è anche conosciuta come la valle degli Amish. Qui vivono in armonia e pace circa 15mila persone, delle quali circa 3.900 amish (Fonte Elisabethtown College), suddivise in tre gruppi, che mantengono ancora, oggi come ieri, le stesse tradizioni, abitudini, riti, credo e valori di quando si insediarono. La quasi totalità delle famiglie amish non ha nessun allaccio alla rete elettrica, nessun allaccio all’acqua diretta (usa ancora pompe a mano), veste come un tempo.

Dimentichiamo la vita da amish come la vita idilliaca e romantica rappresentata da qualche bel film e dai sorrisi dei bambini di qualche fotografia. La vita quotidiana di questa comunità è tremendamente dura e fatta di sacrifici. Niente auto, computer, telefonini e ogni sorta di tecnologia. “Tutte queste cose potrebbero andare a modificare in negativo i nostri valori, sono un rischio per la nostra comunità e per i nostri bambini”, mi dice un vecchio, un saggio, amish. (…)

 

 

L’articolo completo è pubblicato su Reportage n°38, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale

 

ph. L. Zook lavora all’antico telaio nella sua casa nei boschi con la piccola L. La donna ha 38 anni e sette figli.

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