Il business della cannabis dalla Val Trompia ai negozietti di Roma | Testo e foto di Nicola Zolin

Il settore ha raggiunto in Italia un giro d’affari di 150 milioni di euro, dando lavoro a 15mila persone. E ora che l’Onu ha votato a favore della rimozione dell’erba dall’elenco delle droghe pericolose e ne ha riconosciuto le proprietà terapeutiche anche l’interesse medico potrebbe aumentare.

 

Sulla sommità di un pendio tra i paesaggi spettacolari della Val Trompia, in provincia di Brescia, sono finalmente arrivati i giorni del raccolto. È un momento di svago per i ragazzi che collaborano con la società agricola “Le Rie”, fondata da un gruppo di soci che hanno avviato una coltivazione di canapa industriale, investendo su un territorio sempre più abbandonato dalle nuove generazioni costrette a cercare lavoro altrove. Mentre spunta i fiori del raccolto di canapa appena effettuato, Pierluca Arabi, 49 anni, vicentino, mi dice di aver cercato per anni l’occasione giusta per lavorare a contatto con la terra. Come in una fiaba a lieto fine, l’occasione è arrivata con la legge n. 242 del 2016, che ha disciplinato la produzione agricola della cannabis con un contenuto tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento di Thc, il delta-9-tetraidrocannabinolo, che è responsabile degli effetti psicotropi della cannabis. In Italia il Thc è tuttora considerato una droga ed è utilizzabile soltanto a livello terapeutico, mentre la cannabis con quantità variabili della molecola è stata recentemente legalizzata in Messico, in Canada, in Uruguay e in alcuni stati degli Stati Uniti. Anche l’Onu con una decisione storica ha recentemente declassificato la cannabis dalla tabella degli stupefacenti che comprende anche cocaina ed eroina, riconoscendone il valore terapeutico. “La canapa è una pianta eccezionale”, racconta Pierluca, mentre mi accompagna alla camera di essiccazione. “Coltivarla in questo luogo meraviglioso – precisa – è un sogno che si porta in dote la consapevolezza di dover tutelare queste zone montuose dal grande valore ambientale”.

Pierluca è anche il vice-presidente di Canapa Sativa Italia, un’associazione di esperti del settore impegnata a trovare una regolamentazione seria e appropriata per questo settore in crescita, anche attraverso la partecipazione al tavolo tecnico di filiera del Mipaaf. Secondo l’attuale legislazione, la coltivazione di canapa certificata è consentita anche senza autorizzazione, sebbene la semina delle piantagioni vada denunciata ai carabinieri per non suscitare il sospetto che si tratti di coltivazioni illegali. “Tutti sanno in valle che produciamo canapa industriale, anche le forze dell’ordine – racconta sorridendo Pierluca – anche se quando sono arrivato con barba e capelli lunghi qualcuno deve aver pensato che fossi uno scappato di casa. Ma è bastata un po’ di sana comunicazione per instaurare relazioni collaborative e di mutuo rispetto. Credo sia importante sdoganare i pregiudizi e gli stereotipi verso la cannabis e farne capire il suo incompreso valore”. (…)

 

Ph. Pierluca Arabi, vicepresidente dell’associazione Cannabis Sativa Italia, nelle piantagioni dell’azienda Le Rie in Val Trompia (Brescia).

 

L’articolo completo è pubblicato su Reportage numero 45, acquistabile in libreria e qui in versione cartacea e in digitale.

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