“Un autore un libro”. Intervista a Ubah Cristina Ali Farah | di Maria Camilla Brunetti

 

Le stazioni della luna | di Ubah Cristina Ali Farah | (66thand2nd)

L’intervista è pubblicata in Reportage numero 48, nella rubrica “Un autore un libro” a cura di Maria Camilla Brunetti.

 

Quando nasce l’idea per Le stazioni della luna, ambientato agli esordi della tutela fiduciaria italiana in Somalia sancita dalle Nazioni Unite tra il 1950 e il 1960?

È un’idea che in realtà inizia molto tempo fa. Ho fatto una tesi di dottorato sui testi del teatro somalo e a quel tempo ho capito quanto mi interessasse il periodo storico che descrivo in questo romanzo, quello degli anni Cinquanta, della Decolonizzazione, che è coinciso in Somalia con il momento in cui si è iniziata a sentire la voce delle donne, che hanno cominciato ad occuparsi di politica e hanno trovano legittimazione della propria voce proprio durante le guerre per l’Indipendenza. Un po’ ovunque nel mondo, se ci riflettiamo, i momenti di decolonizzazione hanno combaciato con quelli del femminismo, quando finalmente le donne hanno avuto la possibilità di esprimersi fuori dal foyer domestico.

Quella che racconti nel libro è anche la storia di Ebla, una donna somala indipendente, educata dal padre a crescere come un ragazzo e a leggere le stelle, che sceglierà di essere madre di latte di Clara, una bambina italiana, nata a Mogadiscio da una famiglia di coloni. Ce ne puoi parlare?

Inizialmente avevo pensato che il personaggio principale del romanzo dovesse essere un’eroina dell’Indipendenza, un’attrice o una poetessa e poi invece pian piano ha preso forma l’idea dell’astronoma. Quindi ho cominciato a studiare il sistema astronomico somalo. Ebla è anche un omaggio al primissimo romanzo di Nuruddin Farah, From a croked rib, mai tradotto in italiano, scritto all’inizio degli anni Settanta e considerato un romanzo fortemente femminista, la cui protagonista, appunto, si chiama Ebla, che in somalo significa “colei che non ha vergogna”.

Kaahiye e Sagal, figli naturali di Ebla, e Clara – benché separati dalle leggi vigenti di segregazione tra coloni e locali al tempo della colonizzazione italiana in Somalia – crescono legati da un rapporto fortissimo. Come hai pensato a questo espediente per raccontare la complessità di quel momento storico?

Anche se Ebla è un’astronoma tradizionale, è una donna che conosce, e una donna che conosce non può più piegarsi a un sistema di valori manicheo. Perché la conoscenza dà a ciascuno di noi la misura della complessità della vita e del mondo che ci circonda. Un elemento importante è legato anche alla mia esperienza personale. Pur essendo cresciuta a Mogadiscio un ventennio dopo rispetto agli anni del romanzo, la mia storia suo malgrado è legata alla storia coloniale. Essere figlia di un uomo somalo significava automaticamente appartenere alla società somala ma allo stesso tempo io avevo una mamma italiana. Per me era fondamentale dare importanza al valore delle scelte personali di ogni personaggio. Non è la nostra nascita che ci definisce ma sono le nostre scelte a farlo. Ebla fa una scelta ben precisa, così come Clara. Sono queste scelte a definire chi siano.

Clara è costretta a lasciare la Somalia a dieci anni, insieme alla madre e al fratello, quando cade il fascismo e deciderà di tornare da sola a Mogadiscio nei primi anni Cinquanta. Quello di Clara è un personaggio complesso, che rappresenta il coraggio di chi per coscienza prende le parti dei combattenti per l’indipendenza somala…

La storia del romanzo rappresenta una sorta di iniziazione per Clara. La sua storia personale, il fatto di essere cresciuta in Somalia, di avere intima conoscenza del luogo e della lingua, la sua intelligenza e la sua curiosità piano piano fanno maturare in lei una vera coscienza politica. Clara è una donna che fa delle scelte molto coraggiose per l’epoca nella quale vive. Immaginiamoci una ragazza che a vent’anni torna, da maestra montessoriana, nella Mogadiscio degli anni Cinquanta da sola e non sposata. È una ragazza che ha il coraggio di prendere scelte distanti da quelle del fratello per esempio, che pure ama molto, e molto distanti dalla mentalità diffusa della colonia italiana in Somalia. Sono queste scelte che ci raccontano chi sia.

 

Ph. Ubah Cristina Ali Farah

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