Il carcere senza sbarre un caso esemplare nelle isole Filippine – testo e foto di Sergio Matalucci

La guerra al narcotraffico del presidente Rodrigo Duterte ha aumentato il numero dei detenuti nelle carceri filippine di oltre 60mila persone, esacerbando la situazione del sovraffollamento e suscitando numerose critiche a livello internazionale per le esecuzioni sommarie e il prolungamento della carcerazione preventiva. Esiste, tuttavia, una prigione che garantisce un certo livello di autogestione e nella quale i circa 2.500 carcerati possono coltivare risaie, camminare in montagne tropicali e farsi un bagno nel fiume. La prigione, grande oltre 24mila ettari, ovvero più dell’area del Comune di Milano, si trova a pochi chilometri da Puerto Princesa, nell’isola turistica di Palawan.

L’ingresso della prigione di Iwahig è un muro di pietra alto circa due metri con un cartellone che dà il benvenuto: “Welcome”. Una sbarra gialla separa la confusione della periferia di Puerto Princesa dalla natura incontaminata della prigione, dove le palme da cocco svettano all’orizzonte e uccelli tropicali diventano di colpo più rumorosi. La prima struttura carceraria si trova a un centinaio di metri. Sembra un parco-giochi per bambini, dove una ventina di detenuti camminano senza guardie in gruppetti di due o tre persone. Hanno un atteggiamento all’apparenza mite come anime del Purgatorio. (…)

 

 

Il servizio completo è pubblicato su Reportage n°37, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale

 

ph. Una porzione degli spazi liberi della prigione di Iwahig

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