Ranieri, da Testaccio al Vallo di Adriano – di Fernando Acitelli

In questo frantume celebrativo che vorrebbe assurgere a mosaico ma il cui esito, da parte dei denigratori di Claudio Ranieri d’un recente passato, ci appare oggi come un goffo recupero, tentiamo di comporlo noi qualcosa di sincero e d’antico, un busto d’epoca romana e, accanto, un’iscrizione in cui sia riassunta la vita del mister di Testaccio. Adesso non lo chiameranno più er fettina, e le onde radio non oseranno più il dispregiativo “tutti in difesa e lancio lungo”. Non più questo, adesso, all’atto del trionfo alla maniera di Germanico nella Germania e del console Paolino in terra di Britannia. S’abuserà forse in tocchi luminosi alla Plutarco? Magari vi fossero i personaggi per poterlo fare! Cesare e Alessandro, cercarli dove? E perché, Pirro e Caio Mario?

Certamente, è lo sguardo di Ranieri a catapultarci all’indietro e ad essere noi, di colpo, nel “luogo dei luoghi” di Roma, ovvero nel Senato, e precisamente nei cerchi più in basso, su quei marmi riservati alle famiglie più antiche e illustri dell’Urbe. Ecco, per noi il viso di Claudio Ranieri sta lì. Gli si ponga addosso una tunica con lista verticale color porpora e lo si centri con lo zoom dell’emozione pura, quella dettata dal cuore e dalla visionarietà. Lo ascoltiamo come avremmo potuto fare con Cicerone e Caio Lutazio Catulo, e ancora con figure della famiglia degli Scipioni. È forse adagiandolo in quel tempo remotissimo – continuando dunque a trastullarci nel sogno – che si potrà capire perché un romano abbia conquistato Leicester, perché un romano abbia portato il suo credo calcistico, il suo stile, il suo sguardo dalle parti del Vallo di Adriano, sulle orme delle legioni di Claudio imperatore e del console Paolino, valoroso stratega di Nerone, il quale sconfisse i Britanni di Boudicca. Si finisca in un museo d’antichità romane, in una delle tante sale arieggiate ad arte per dar sollievo ai marmi: in quel tempo chiuso e definito da cartigli sotto i vari busti, volto di fanciullo, volto di stratega, volto di filosofo, volto di pugile, volto di vecchio, incontreremo anche il volto di Claudio Ranieri, magari siglato dal cartiglio, volto di senatore.

La provenienza è il punto sublime da dove riemersero quei reperti, e spesso il cartiglio ci fa soffrire se compone il referto provenienza ignota. Reperti/referti pare coincidano nei rispettivi assoluti. Per Ranieri, a proposito della provenienza, si potrebbe ipotizzare/sognare da Monte Testaccio. Va bene, s’è divagato, ma almeno s’è felici nell’essere rimasti integri nel giudizio, di aver amato sempre Ranieri e non festeggiandolo ora montando così sul carro dei vincitori, atteggiamento questo in cui gli italiani sanno distinguersi egregiamente. Per noi Ranieri è sempre stato quello originario, quello che giocava, prima della Roma, nel XII Giallorosso il cui presidente era il signor Magliocchetti, amico del padre dell’allora bambino Claudio. Allo stadio Olimpico lo striscione del Roma Club XII Giallorosso campeggiava sugli spalti della Tribuna Tevere Non Numerata, a poca distanza dall’enorme striscione – in Curva Sud – “Aficionados HH di viale Somalia”. Il sole sugli striscioni in un tempo indimenticabile e in settori tanto belli perché legati all’adolescenza. Un’adolescenza che i vecchi tifosi, del Campo Appio, di Testaccio e dello stadio Flaminio osservavano in chi gli stava seduto accanto. L’odore di tabacco come un vento favorevole, un ponentino aromatico. Il XII Giallorosso aveva il campo sulla via Prenestina, su un’altura di fronte al Quarticciolo. Fu lì che Ranieri iniziò da centravanti e in quel ruolo continuò anche una volta giunto alla Roma, nel ’68. Centravanti sia negli Allievi che nella De Martino.

squadra (1)Nei racconti di chi con lui giocò quello che emerge è che “da centravanti nun la beccava mai”. Malgrado il fisico imponente, l’irruenza e la caparbietà, non era quello il suo ruolo. Fu Tonino Trebiciani, allenatore della Primavera, a farlo retrocedere a terzino e questa intuizione fu una fortuna perché partendo da dietro e disciplinando l’ardore agonistico e le doti “a tutto campo”, riuscì subito ad emergere. Il debutto avvenne il 4 novembre 1973, a Genova (2-1 per i grifoni). Quindi il trasferimento a Catanzaro con Gianni Di Marzio allenatore: lì s’impose come terzino. La nostalgia di Roma faceva si che, ad ogni fine partita in casa, si faceva accompagnare in macchina da un compagno di squadra a Crotone – dove c’era l’aeroporto – per raggiungere la capitale. Il giovedì viaggio a ritroso con il fedele compagno che l’attendeva sempre con la macchina all’aeroporto di Crotone per condurlo nuovamente a Catanzaro per gli allenamenti. Quali storie dietro al calcio! Quanti viaggi per custodire diverse armonie ed intimità! Poi Catania, anche in serie A, e Palermo, e sempre accompagnato dal pensiero fisso di diventare allenatore. Ma il trionfo di Leicester nasce lontano nella storia: a Lamezia, ormai a fine carriera, Ranieri è calciatore ed allenatore, segno evidente che ha nel sangue l’idea di non lasciare i campi di calcio e di diffondere le idee di football che ha maturato. Terminata l’esperienza da calciatore, si getta nello studio e diventa allenatore.

S’informa su tutto, studia il mister che in quel tempo passa per essere il più bravo in quella categoria, Giuseppe Caramanno della Nocerina. Tiene d’occhio anche Corrado Viciani e Zdenek Zeman. Il Campania Puteolana è la sua prima panchina. Quando successivamente va alla guida del Cagliari, la squadra che era stata di Gigi Riva è in C1. Compone un mosaico raccogliendo, alla meglio, giocatori qua e là: l’attaccante Bongiorni su tutti. Raduna la squadra a Rocca Porena, in Umbria: il campo è in terra battuta e le porte non hanno le reti. Si parte da questi scenari per arrivare a Leicester e se non si sono attraversati simili paesaggi non si può vincere la Premier League. A Rocca Porena entra in cordiale amicizia con il parroco, il quale, negli anni successivi, realizzerà un centro sportivo di prim’ordine e nel quale Ranieri porterà, in raduno, diverse sue squadre tra cui anche il Chelsea. In tre anni riporta in Cagliari in serie A, quindi fa tappa a Napoli e incomincia ad accumulare quei vissuti che si tradurranno sempre in stile, equilibrio e buonsenso. Coppa Italia con la Fiorentina, Coppa del Re con il Valencia soltanto per citare qualche titolo. Inoltre avventure e vissuti con l’Atletico di Madrid, il Chelsea: con i blues constaterà cosa vuol dire essere un professionista vero: John Terry e Frank Lampard sono sempre i primi ad arrivare agli allenamenti e gli ultimi ad andare via. Lo racconterà in tante occasioni. È il suolo inglese, forse, il terreno esistenziale più adatto al suo sentire. Eleganza, equilibrio, modi gentili, spesso anche un lieve transito di commozione in quel diaframma tremulo delle lacrime. Lacrime subito stoppate ma comunque visibili all’occhio più emotivo che raggiunge anche l’area tecnica. È proprio quanto s’è visto spesso anche quest’anno, nella fantastica avventura della Premier League.

FIRMEOggi ci si interroga sui molti perché di Claudio Ranieri, sul comportamento e sul modo in cui fa giocare le sue squadre. In un certo senso lo si scopre adesso come uomo di stile, di temperamento e grande tattico. La verità, per chi lo ha conosciuto e vi ha potuto più volte scambiar parola, è che egli è rimasto un ragazzo normale, un uomo senza vizi e con dei principi sani fin dall’inizio. Una delle doti migliori di Ranieri è il confronto, il dialogo con i calciatori. In questo Mazzone fu importantissimo per lui ai tempi di Catanzaro perché in quel periodo il mister curava molto i rapporti con i calciatori. Ranieri, infatti, è portato per il colloquio ma sa bene fin dove può arrivare un suo giocatore, se, insomma, si può aprire uno spiraglio d’intesa o invece considerare quello scambio di idee un tentativo senza futuro. Per carattere egli dà tutto, ma il Ranieri che parla può d’improvviso diventare il Claudio che discute, cioè, in poche parole, il sanguigno di Testaccio. Per lui Mazzone è sempre stato un riferimento di rilievo, per chiarezza, serietà e dedizione nel lavoro. Consideriamo il miracolo Parma, già praticamente considerato retrocesso e invece salvato: opera di Ranieri e già dimenticata. Un altro miracolo poteva essere lo scudetto con la Roma, più bello perché sarebbe stato imprevisto e non raggiunto con un progetto avviato da un paio d’anni almeno, come fu per Liedholm nel 1983 e Capello nel 2001. In entrambi i casi c’era stata una programmazione e s’era speso molto in rafforzamenti mentre, in occasione dell’ultima esperienza di Ranieri con la Roma, egli era intervenuto in corsa con una squadra non proprio eccezionale rispetto a quelle dei suoi colleghi scudettati.

Prima della partita con la Sampdoria all’Olimpico si diceva che il busto al Foro romano fosse per lui già pronto. Invece nell’intervallo accadde qualcosa, un sisma irreparabile fece saltare l’equilibrio mentale ma non a lui quanto ai giocatori. Ranieri fu l’unico che a Roma si dimise lasciando alla società il contratto: quando poi si parla di signorilità… questi sono i fatti che distinguono un’esistenza. Il tanto discusso “modulo Ranieri” è un sistema molto accorto, messo in pratica a seconda dei giocatori che si hanno in rosa. Se vi sono fuoriclasse per ogni settore, si possono osare delle varianti anche molto spavalde ma quando la squadra non è stata allestita per vincere subito, allora è velleitario tentare un gioco arioso e la saggezza che in fondo incarna Ranieri è più che un valore. Con questo suo 4-4-2 munito di riflessioni testaccine, è difficilissimo per gli avversari tirare in porta. Tutto quello che è chiusura difensiva-diagonale-contropiede è applicato con una esattezza che rende la squadra compatta e sempre pronta a chiudersi e ripartire. Egli ha creato un suo calcio e di questo va giustamente orgoglioso. Su Leicester, su i suoi calciatori, su i tifosi tutti, rimarrà per sempre impresso il sigillo di Ranieri. È auspicabile che il sindaco della città, dopo aver promesso una strada per ogni eroe, provveda pure al conio di monete con il profilo d’ognuno. Sarebbe un modo bello per ricordare la monetazione romana, come un profilo di Augusto, di Traiano. Bello apprendere che un romano del cuore di Roma ha fatto innamorare non soltanto una cittadina inglese ma tutto il mondo.

 

 ph. Il giovanissimo Claudio Ranieri (secondo da sinistra in prima fila) con la Primavera della Roma in occasione del Torneo Viareggio 1969.

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