Nel grande deserto della Calmucchia tra Stalin e Putin | Testo di Pietro Romeo e Rocco Volante foto di Pietro Romeo

A causa di una politica sbagliata di fine anni Cinquanta, che ne distrusse l’ecosistema, la piccola repubblica della Federazione russa detiene il primato della regione più arida dell’intera Europa geografica. Su tredici distretti cinque sono costituiti da aree completamente sabbiose. L’iniziativa degli abitanti di Adyk.

 

“Adesso vi mostrerò qualcosa che sicuramente non avete mai visto”. Bembeev ha appena poggiato sul tavolo un faldone tirato fuori da un archivio a muro. Ci guarda diritto negli occhi per amplificare l’effetto solenne, poi apre un documento di vecchia data e indica una firma in calce. Scorgiamo una calligrafia lenta e decisa che disegna in cirillico un nome finito tantissime volte sul libro dei cattivi: quello di Josif Stalin. Siamo in Calmucchia solo da qualche ora, ma ci siamo già resi conto che da queste parti il passato sovietico non è ancora stato metabolizzato, non è ancora storia. È presente. “Questo signore qui ci spedì in Siberia. Riuscimmo a tornare solo grazie al caro Nikita, che in compenso distrusse il nostro ecosistema. Non possiamo certo dire di essere un popolo fortunato”. Il riferimento è diretto e chiama in causa il piano quinquennale che nei tardi anni Cinquanta del secolo scorso Chrušcev istituì su tutti i territori dell’Unione, imponendo lo sfruttamento intensivo dei pascoli. Un progetto politico irresponsabile che nell’arco di qualche decennio avrebbe determinato la quasi totale erosione del suolo calmucco lasciando in eredità a questa piccola repubblica il primato di regione più arida dell’intera Europa geografica, ad oggi ancora imbattuto. “Il programma agricolo fu chiamato enfaticamente ‘Campagna delle terre vergini’. Col senno di poi sembra quasi che il Cremlino abbia voluto prenderci in giro”, dice ancora Bembeev. Il quale ne sa qualcosa in merito, dato che è il vicedirettore del Centro per la rivitalizzazione della steppa, un istituto scientifico fondato nella capitale Elista per contrastare la crescente desertificazione. “Per diversi secoli il nomadismo dei nostri pastori ha garantito la sopravvivenza della steppa, utilizzando con saggezza le limitate risorse che poteva offrire, fino a quando Chrušcev non la trasformò in un grande allevamento a cielo aperto”, dice. (…)

 

Ph. Due cammelli e un cane nel deserto della Calmucchia. Ben l’80 per cento del territorio di questa repubblica della Federazione russa è soggetto a processi di desertificazione.

 

Il servizio completo è pubblicato su Reportage numero 46, acquistabile in libreria e qui in versione cartacea e digitale.

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