Intervista a Giulia Bosetti | di Maria Camilla Brunetti

 

Le storie più importanti sono quelle decisive per la nostra democrazia

Giulia Bosetti, inviata di “Presa Diretta”, si racconta: “Il grande faro che ha da sempre illuminato il mio lavoro è quello della difesa dei diritti umani”. E assicura che “il giornalismo d’inchiesta può avere un ruolo cruciale a livello politico e sociale”. Il grande impegno per i casi Cucchi e Regeni.

 

Giulia, partiamo dall’inizio. Come nasce il tuo lavoro di giornalista?

So che sembra un vezzo dirlo, ma è veramente una passione che arriva da lontano. Fin da bambina non facevo che ripetere che da grande avrei fatto la giornalista, volevo viaggiare e raccontare il mondo. Mia madre mi regalò la mia prima macchina da scrivere, una Olivetti Lettera 32 verde oliva, in quinta elementare e da allora non ho fatto che progettare il mio percorso di studi e la mia formazione letteraria in funzione di quello. Sono stata molto fortunata, perché ho avuto intorno tante persone, prima di tutte la mia famiglia, che mi hanno stimolata, alimentando questo sogno e sostenendo le mie aspirazioni. Ho avuto sempre una grande fiducia nel fatto che sarei riuscita a raggiungere i miei obiettivi.

Che cosa significa per te fare inchiesta? Quali sono i punti cardini imprescindibili che ti guidano nell’esercizio del tuo lavoro e che importanza ha, per la società civile, un buon giornalismo investigativo?

Credo che il giornalismo di inchiesta, se fatto con serietà e indipendenza, possa e debba avere un ruolo cruciale a livello sociale, culturale e anche politico, perché può incidere sulla realtà e sulla nostra società, portando al centro del dibattito pubblico temi e storie decisivi per la nostra democrazia. La libertà, l’autonomia, lo sguardo critico e scevro da qualsiasi condizionamento sono per me i valori fondamentali di questo mestiere, sempre accompagnati da un attento lavoro di ricerca e di approfondimento. Verificare le fonti, studiare le carte, cercare le verità nascoste dietro le apparenze e allo stesso tempo recarsi nei luoghi, sempre in prima persona, parlare con i protagonisti, toccare con mano la realtà ed entrare nelle sue pieghe, nelle sue contraddizioni. Quello che ho capito in questi anni è che non bisogna mai partire da una tesi preconcetta e che è necessario essere pronti sempre a smontare le proprie idee e adattarle alla realtà, che non è mai bianca o nera, ma fatta di sfumature e di complessità. Solo così è possibile scoprire qualcosa di nuovo, mettere in discussione quello che non va e sollevare questioni che possono essere rilevanti o rivelarsi addirittura fondamentali per la nostra società. (…)

 

 

ph. Giulia Bosetti, inviata di Presa Diretta, con alcuni bambini nel Kurdistan iracheno.

 

L’intervista completa è pubblicata su Reportage numero 41, acquistabile in versione cartacea e in digitale.

About author