Bologna, la regola dell’ospitalità per i malati psichici – testo di Nicola Rabbi, foto di Malì Erotico

 

Piove quando Edoardo entra in casa. In una mano ha un ombrello che lascia sgocciolare, nell’altra tiene per mano una ragazzina di undici anni. Non è un nonno che è andato a prendere la sua nipotina a scuola, ma un uomo dalla corporatura massiccia con problemi di salute mentale che da tre anni vive ospite presso una famiglia di origine rumena. E’ possibile grazie al progetto Iesa (Inserimento etero famigliare supportato per adulti), che – a Bologna e in altre città italiane – consente a famiglie selezionate l’opportunità di ospitare, part-time o a tempo pieno, persone che vivono nelle strutture sanitarie o che non hanno più i genitori.

“Ero andata a fare una visita psichiatrica, avevo avuto degli attacchi di ansia, ho visto sulla porta un cartellino con su scritto Iesa e mi sono incuriosita”, racconta Daniela, una donna nata vicino a Timisoa-ra, che assieme al marito e ai due figli abita a Bologna dal 2005. Dopo essersi informata e una serie di appuntamenti decide di provare a ospitare una persona.

Nel caso di un’accoglienza a tempo pieno, la famiglia riceve circa 1.100 euro al mese. Conti alla mano, l’inserimento di un paziente psichiatrico in una struttura sanitaria costerebbe alla società tre volte tanto. “Edoardo è molto utile in famiglia, il lunedì mattina accompagna lui la bambina a scuola perché io e mio marito non ce la facciamo, poi mi aiuta a fare la spesa, svuota la pattumiera”, spiega Daniela.

“Faccio del mio meglio”, interviene Edoardo, il quale poi non segue i nostri discorsi, ma ci parla delle sue nuove avventure finanziarie in Cina e del pericolo di certi “malandrini” che “girano attorno” ai suoi affari. Andrebbe avanti se Daniela non gli chiedesse un aiuto a tagliare i finocchi allungandogli un coltello da cucina. “Fa veramente del suo meglio”, dice. (…)

 

 

 

L’ articolo completo è pubblicato su Reportage n°35, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale

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