Un uomo a cavallo appare in mezzo a nuvole di polvere, in testa porta un elmetto. Galoppa attraverso una terra desolata con una corta frusta kamchy tra i denti e impugnando con tutte le sue forze la carcassa di un animale decapitato. L’uomo è inseguito da un centinaio di cavalieri. Gli spettatori, seduti sulle colline circostanti, si alzano in piedi eccitati. “I nostri antenati praticavano questo gioco con un lupo vivo, motivo per cui lo chiamavano kok-boru, che significa lupo grigio”, dice il fornaio quarantenne Zhanibek Musayev durante la partita, che si svolge nel villaggio di Kyrgyz-Kyshtak nel Kirghizistan meridionale. “Attualmente però – aggiunge – esistono due versioni diverse di questo sport: la prima è appunto il kok-boru, dove due squadre che indossano divise di colore diverso giocano l’una contro l’altra e il campo ha confini ben definiti. I cavalieri cercano di lanciare la carcassa senza testa dentro ‘porte’ che ricordano enormi nidi di uccello ricoperti da fango e pneumatici. Come l’hockey, questo sport ha tre periodi di venti minuti e un arbitro”. La seconda versione è l’Alaman ulak, dove ci sono centinaia di cavalieri, non ci sono linee che delimitano il campo e ognuno gioca per sé, “il che lo rende molto più eccitante”, dice Zhanibek. L’Alaman ulak è solitamente organizzato da un contadino o da un uomo d’affari per celebrare la circoncisione di suo figlio. (…)