Il numero verde che ti fa verde | di Valerio Magrelli

Didascalie, la rubrica di Valerio Magrelli per il sito di Il Reportage, che si affianca a quella da lui tenuta sul trimestrale cartaceo.

 

Davanti ai tanti guasti della pandemia, con la sua crisi economica, medica, sociale, mille sarebbero le cose a cui pensare. Eppure ce n’è una che non mi esce di testa. Capisco che è ridicola, davanti a chi si ammala, muore o perde il lavoro. Come se non bastasse, poi, il tema, cioè l’assistenza telefonica, risulta abusato, già affrontato oltre dieci anni fa sia nei romanzi (Il mondo deve sapere, di Michela Murgia), sia al cinema (Tutto l’avvenire davanti, di Paolo Virzì, appunto derivato dal libro di Murgia).

E allora? Allora, malgrado tutto, a me sembra che si tratti di un fenomeno insidioso e a suo modo terribile, perché diretto a minare i diritti elementari sia del lavoratore, sia del cittadino. Infatti, a mio avviso, chi ha inventato e imposto il diabolico meccanismo di numeri verdi, servizio clienti, call center è riuscito a realizzare qualcosa senza precedenti nella dimensione dello sfruttamento della forza lavoro.

Mi spiego. Sono settantasette, solo quest’anno, le telefonate che ho dovuto fare a vari gestori intenti a devastare la mia vita. Io le ho appuntate tutte, giorno per giorno, ora per ora, operatore per operatore, Cinzia, Valerio, Alice, Sebastiano. Tutti, naturalmente, mi assicurano che inoltreranno la mia segnalazione ai superiori, e che verrò richiamato l’indomani – l’hanno inoltrata settantasette volte senza che sia mai stato contattato. Mai.

Ebbene, moltiplicando le mie chiamate per una media di trenta minuti l‘una, si ottiene un insieme di trentotto ore e mezzo: quasi due giorni interi gettati al vento supplicando, pregando, chiedendo aiuto per una domiciliazione telefonica o un chiarimento bancario, ascoltando nel frattempo un’allegra musichetta carceraria. Inutilmente. Ricordate la legge francese del 1998 sulle 35 ore relativa alla riduzione dell’orario di lavoro? Ecco, di questo parliamo, di qualcosa che supera un’intera settimana lavorativa, a questo mirano i nuovi vampiri, gli inventori e i possessori di questo perverso dispositivo neoliberista.

I numeri verdi per l’assistenza clienti (chiamiamoli così per brevità) rappresentano di fatto l’unico sistema schiavistico che assoggetta una classe affinché questa ne assoggetti a sua volta una seconda. I poveri precari incatenati ai telefoni, senza preparazione, totalmente incapaci, innocenti mandati allo sbaraglio, hanno cioè il compito, ingrato e vergognoso, di asservire gli utenti, i quali, a loro volta, non hanno altra possibilità oltre quella di rivolgersi a chi nulla conosce degli effettivi problemi. I protocolli amministrativi costringono dunque questi ultimi (di cui io faccio amaramente parte) a un’incessante pellegrinaggio telefonico. Stai in attesa, aspetta il turno, mettiti a loro completa disposizione. Schiavi dei nuovi schiavi (a loro volta vittime, ripeto, e senza alcuna colpa), noi siamo i proletari del futuro.

Chi risponde al telefono è servo di un mercato malato, ostaggio della miseria, spesso privato di diritti elementari; chi chiama, invece, ne è la vittima sacrificale, preda senza più scampo, prigioniero di una guerra vinta da qualcun altro. Gli uni e gli altri, costituiscono l’autentico bottino del managing.

André Breton sosteneva che “non serve a niente essere vivi mentre lavoriamo”: figuriamoci adesso! Cosa importa, oggi, essere un sapiens, se tutte le mie traboccanti, infinite facoltà devono venire assorbite ed esaurite nell’attesa del prossimo operatore libero, aspettando cioè che Cinzia, Valerio, Alice, Sebastiano mi dicano che sarò richiamato presto? Messa da parte ogni violenza fisica, siamo arrivati al grado terminale di un processo di spoliazione senza riscatto. È appunto come trovarsi in un regime di libertà vigilata: come doversi recare tutti i giorni presso il commissariato per lasciare la propria firma – ma senza aver commesso alcun reato. 

Concludendo: tra i tanti problemi che scuotono il mondo sotto il contagio del covid, questo sarà certamente il più lieve. Ma da qui passa la precarietà dei giovani nel mercato del lavoro, la sistematica svalutazione di quanto ci spetta, l’asservimento graduale e invisibile del cittadino, ormai chiamato a svolgere funzioni che non gli dovrebbero competere. Se non capiamo quanto sia minacciosa la neutralizzazione di certi nostri minimi diritti, sarà questo l’orizzonte futuro che per noi allestiranno gli ideatori e i proprietari delle aziende a venire. 

 

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