Offesa alla poesia | di Valerio Magrelli

Didascalie, la rubrica di Valerio Magrelli per il sito di Il Reportage, che si affianca a quella da lui tenuta sul trimestrale cartaceo.

 

All’inizio dell’Ottocento, l’inglese Percy Bysshe Shelley compose un saggio intitolato Difesa della poesia. È appunto riferendomi a quell’opera che vorrei commentare una recente iniziativa congiunta di Rai e Mibact, la quale, ai miei occhi, rappresenta piuttosto una inaccettabile Offesa alla poesia. Si tratta di un breve filmato, andato in onda dal 19 al 31 dicembre su tutti i canali Rai e su RaiPlay, per ricordare i duecento anni dell’Infinito, by Giacomo Leopardi. Curioso, festeggiare l’anniversario di un testo, invece che del suo autore. Ma in definitiva, perché no? Tutto può andare, se serve a illuminare un terreno tanto dimenticato e negletto come quello della cultura in televisione.

Bene hanno fatto, dunque, gli ideatori della clip a pensare, una volta tanto, alla poesia. Qui, però, viene il bello, ovvero il brutto. Infatti, la lirica è stata presentata in una maniera a dir poco imbarazzante. Per chiudere  le celebrazioni dei 200 anni dell’Infinito, si è realizzato un omaggio di 22 grandi voci della musica italiana. Come ha specificato il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, abbiamo qui “un dono senza volto e senza nome, una dichiarazione d’amore collettiva da parte di grandi artisti […]. Del resto la canzone d’autore è erede della grande poesia”. Così, mentre sullo schermo scorre il manoscritto originale, una serie di voci misteriose (poiché i volti e i nomi degli artisti coinvolti non sono stati rivelati) leggono a turno spezzoni dei suoi versi. Starà agli astanti riconoscere via via Mina, Patty Pravo, Adriano Celentano, Gino Paoli, Paolo Conte, Ornella Vanoni, e forse Francesco De Gregori o magari Claudio Baglioni, accanto a Ivano Fossati, Antonello Venditti, Francesco Guccini.

Ora, già di per sé appare insensato spezzare l’unità di una poesia affidando ogni verso a un’intonazione differente. A ben vedere, però, i 22 cantanti non recitano  22 versi, bensì 15 – tanti ne ha scritti infatti il povero Leopardi. Il che significa che, oltre alla composizione, sono stati fatti a pezzi anche i suoi componenti… Dimenticavo: pensosa musica di sottofondo e immagini di uccelli in pensoso volo.

         Non voglio neanche affrontare l’idea che i cantautori siano gli eredi prediletti di un poeta (e pensatore, e prosatore…), ma come si fa a ignorare le nozioni più elementari che richiede la lettura di qualsiasi testo? Alla fine dell’ascolto, sostiene il ministro, le voci donate “fanno venire i brividi”. Sì, vorrei precisare, ma di raccapriccio. Prova ne sia che, a quel punto, il manoscritto dell’Infinito si muove sullo schermo “come investito da un soffio di vento”, a detta di un giornalista che non citerò. Che emozione! Peccato che quel vento sia prodotto dal corpo di Leopardi, intento a rivoltarsi nella tomba.

 

 

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