I libri che abbiamo letto per voi | Reportage numero 41

 

I libri che abbiamo letto e recensito per voi sul numero 41 di Reportage 

 

Ogni volta che prendo il volo   Youssef Fadel (Brioschi)

 

Ogni volta che prendo il volo (traduzione di Cristina Dozio) dello scrittore marocchino Youssef Fadel – tra i finalisti dell’International Prize for Arabic Fiction 2012 e vincitore del Prix du Maroc du Livre 2014 – è il potente racconto della storia di un amore che sopravvive alla prova durissima del tempo e alla tortura dell’ignoto. Nel racconto della storia di questo amore il romanzo si fa anche testimone degli anni più violenti della repressione politica marocchina, “gli anni di piombo”, che vanno dagli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta del Novecento. La narrazione di Fadel riesce a non venire mai a meno a una ricostruzione storica accurata pur servendosi di un registro in cui si alternano voci e punti di vista e che fa ampie concessioni a un linguaggio onirico e immaginifico. L’autore porta davanti al lettore, con una costruzione sapiente di immagini, la violenza e l’ampiezza di una grande ferita sociale – una frattura culturale e politica – che ha investito la società marocchina nella sua interezza. Raccontando la storia dell’amore di Zina e Aziz, Ogni volta che prendo il volo racconta anche il sogno dei dissidenti politici marocchini e degli uomini che fallirono il colpo di stato per spodestare re Hassan II, nell’agosto del 1972. Aziz, ci lascia intendere lo scrittore, faceva parte del commando coinvolto nel tentato golpe. Il romanzo racconta i lunghissimi diciotto anni di prigionia in isolamento dell’uomo nelle carceri segrete marocchine e l’estenuante ricerca di Zina, la giovane moglie di Aziz che per quasi vent’anni ha percorso disperatamente il Marocco per cercare notizie sulla sorte del marito ufficiale dell’areonautica, scomparso nel nulla nella loro prima notte di nozze. Aziz diviene il simulacro delle violenze subite dai dissidenti negli anni più bui della repressione marocchina e Zina assurge a simbolo del dolore, della straordinaria resilienza e del coraggio di tutti i familiari dei detenuti, dei prigionieri politici e dei desaparecidos di ogni lotta per la libertà e per il sogno di società più giuste e democratiche. Il romanzo è dedicato anche, come puntualmente indica l’arabista Elisabetta Bartuli nella bella postfazione al libro, alle tante prigioni segrete che hanno visto rinchiusi per motivi politici centinaia di migliaia di marocchini.
Maria Camilla Brunetti

 

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Vite scritte  Javier Marìas (Einaudi)

l punto di partenza è quasi sempre una fotografia, o un dipinto, che raffigura lo scrittore o la scrittrice. Javier Marìas ne estrapola un dettaglio, poi – come in un gioco di concatenazioni – vi aggiunge gli elementi della loro vita quotidiana che lo hanno più colpito. Infine, ne trae le sue conclusioni personali. A questo punto il soggetto in esame non è più una persona, ma un personaggio. Le Vite scritte di Marìas, ristampate dopo anni da Einaudi, non sono biografie o minibiografie, bensì schizzi, acquarelli, spunti, disegnati da una mano ferma e ironica. e così Joyce “aveva un’infinità di superstizioni” e voleva che Nora lo dominasse; Nabokov “odiava il jazz, i tori, le maschere primitive, la musica d’ambiente, le piscine, i camion, il bidet, gli insetticidi…”; Djuna Barnes, “nella sua interminabile vecchiaia”, aveva paura dei ragazzini in strada e orrore delle barbe, mentre Rimbaud concluse la sua vita come “trafficante d’armi e sicuramente di schiavi”, cosa quest’ultima sempre smentita. La “galleria”, mai imparziale, è la dimostrazione più autentica dell’amore di Marìas nei confronti degli altri scrittori e scrittrici, attraverso un atteggiamento mutevole, ad esempio poco benevolo per Thomas Mann, apertamente affettuoso con Robert Louis Stevenson. Una delle sue principali preoccupazioni è indagare nella vita sentimentale dell’autore finito sotto la lente. Ma il suo principale cruccio è che non si sa che faccia avesse Cervantes. Riccardo De Gennaro

 

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La voce di Fosco Maraini accompagna il lettore in un territorio che è al tempo intimo e vastissimo, un territorio che è contemporaneamente quello del lessico più prossimo all’infanzia – il modo unico in cui si imparano a nominare le cose – e quello della scoperta del mondo vasto al di fuori e al di sopra di noi. Uno spaziare curiosissimo tra gli innamoramenti della fanciullezza e le grandi imprese della vita adulta portate avanti con la grazia di uno stupore autentico per la conoscenza che ha sempre contraddistinto il lavoro di questo interprete straordinario. Fosco Maraini – antropologo, studioso, esperto di culture del lontano Oriente, scrittore, poeta, fotografo in Case, amori, universi scrive pagine di diario che sono il racconto in terza persona del formarsi di un uomo, di una coscienza critica, di un destino e sono anche racconto di un mondo che quel destino ha visto nascere e plasmarsi e di un mondo esterno di cui gli occhi di quel giovane uomo sono stati testimoni e interpreti. Endocosmo e esocosmo, come Maraini amava chiamarli, il mondo dentro di noi e il mondo fuori di noi, che dal nostro sguardo è filtrato. E questa pratica di scrittura e di vita è tutta iscritta nel tentativo di costruire ponti che dal dentro riescano a congiungerci al fuori, nell’esercizio mai interrotto di una curiosità animata da amore per il vero incontro con “l’altro”.
Maria Camilla Brunetti

 

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Nessuno è come qualcun altro  Amy Hempel  (Sem)

Non capita spesso di imbattersi in un libro di narrazioni come quelle di Amy Hempel. La scrittura è in continuo movimento “sopra, sotto e fra” le righe: scorrere fra uno stato di coscienza, uno di incoscienza e uno che li connette. Il tutto avviene senza fratture. Il risultato è una scrittura liquida e ‘double face’, con un’unità fortissima tra lo stile e il tema. Nessuno è come qualcun altro – lo dice il titolo stesso – è una specie di saggio aforisma su una delle verità più contraddittorie della nostra esperienza: ciò che siamo può sempre rimandare a ciò che potremmo essere o avremmo potuto essere. Questa dinamica tra l’essere e il non essere non implica effetti di straniamento: la Hempel non aliena mai i suoi personaggi per trasformarli in altro da se stessi; piuttosto insiste sulla capacità di ognuno di noi di acquisire coscienza di quello che si è rispetto a quello che non si è. Le sue sono storie di donne che raccontano come essere coscienti del nostro vivere, chiedendo non solo una coscienza consapevole, ma anche una socialità consapevole, come nell’ultimo, bellissimo, testo sulla vita di una ragazza madre. I grandi narratori ci hanno abituati a punti di vista e a una morale (espliciti o impliciti) che ci raddrizzano le spalle paragrafo dopo paragrafo. La Hempel, invece, non traccia mai compartimenti stagni: ogni suo immaginario diventa fluido e fa capire non tanto la realtà in cui viviamo, ma la sua verità profonda, la differenza tra reale e vero.
Maria Borio

 

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Gli oscillanti    Claudio Morandini (Bompiani)

Autelor contro Crottarda, quelli di sopra contro quelli di sotto, “quelli là” gli uni per gli altri. Autelor è sempre illuminata dal sole, Crottarda – situata sul versante in ombra della montagna – quasi sempre nell’oscurità. C’è una rivalità feroce e atavica – ma anche comica – tra gli abitanti dei due paesi, i quali si fanno continuamente dispetti, spesso cattivi, a dimostrazione che il carattere degli uni non è poi molto diverso dal carattere degli altri: se quelli di sopra e quelli di sotto si scambiassero di posto fatti e vicende rimarrebbero probabilmente inalterati. Perché è tutta gente di montagna, chiusa, diffidente, ostile, gente che nessun altro nostro scrittore sa raccontare meglio dell’aostano Claudio Morandini. L’io narrante di questo suo ultimo romanzo “montano”, Gli oscillanti (Bompiani), è quello di una ricercatrice, una giovane etnomusicologa, che torna a Crottarda dopo molti anni per registrare i canti con cui i pastori comunicano da valle a valle. I crottardesi, tuttavia, alzano un muro nei suoi confronti, a partire dal sindaco, un tipo ambiguo e burlone. La ingannano, la depistano, non le danno retta. Ad eccezione di una misteriosa ragazza, Bernardette, che dorme nella camera accanto alla sua, ma che di giorno vive nei canali sotterranei del paese. La giovane ricercatrice scoprirà che i suoi appunti non servono a nulla, ma – ultimo di numerosi eventi magici – incontrerà uno speleologo che diventerà il suo nuovo amore.
Riccardo De Gennaro

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