Marocco, le difficoltà di reinserimento dei migranti di ritorno – testo di Alessandro Ricci, foto di Stefano Miliffi

Quelli come me in Marocco li chiamano anime perse, è come quando sei in mezzo al mare e vedi tutto blu, non sai dove andare, hai perso la bussola”. Noreddine e io viaggiamo sul Boulevard Zayid Ou Hamd, vicino alla moderna stazione Casaport di Casablanca: architettura moderna in vetro e acciaio si staglia al centro di un giardino di palme e guarda alla Medina, l’antica parte della città.

Due anime che rappresentano le contraddizioni del Paese. Fa un caldo torrido. L’aria è irrespirabile per i fumi di scarico delle migliaia di auto che invadono la strada e diventano un tutt’uno con le arterie cittadine.

Le anime perse, quelli come Noreddine, sono i migranti di ritorno. Coloro che, dopo aver vissuto all’estero, hanno fatto ritorno in patria: per investire, sfuggire alla crisi o semplicemente ritrovare famiglia, tradizioni. Dal 2008 a oggi il numero di marocchini rientrati a casa è cresciuto esponenzialmente, tanto che il governo ha dovuto aprire un ministero apposito. Nel solo biennio 2012-2013 sono venuti a cessare quasi 40mila permessi di soggiorno di marocchini in Italia e il trend è stato confermato negli anni a seguire.

Sono queste anime perse che stanno investendo in Marocco, facendo del Paese alle porte dell’Africa, una delle economie più sviluppate del continente. Noreddine è uno di loro, mente italiana e corpo marocchino, accento piemontese, passato da falegname. (…)

 

 

Il servizio completo è pubblicato su Reportage n°36, acquistabile qui in cartaceo e in versione digitale.

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