Mesfin, il profugo etiope che divenne milionario – di Daniele Bellocchio

Ci sono delle storie che vanno controcorrente, che si scontrano con quella che è la visione comune indotta dal pregiudizio e dagli schematismi prestabiliti. Ci sono storie che fanno crollare gli stereotipi per la loro forza e unicità. E una di queste è quella di Mesfin Gethaun, un profugo di 42 anni che vive nel campo sfollati di Kakuma, la seconda tendopoli del Kenya dopo il Dadaab, con 192mila abitanti e che ha avviato un business di commercio all’ingrosso all’interno della tendopoli e oggi è conosciuto come ”The Millionaire”, il milionario. Sì, perchè Mesfin in 16 anni è divenuto uno dei maggiori grossisti del continente con un reddito di 10mila dollari al mese. Un profugo diventato un imprenditore grazie a un sistema di investimenti e prestiti basato sulla fiducia reciproca, che vive in una tendopoli e che è riuscito a crearsi un tesoretto, pur essendo confinato in un campo di attesa, dove centinaia di migliaia di uomini attendono il domani armati soltanto della sacra pazienza del vivere e dell’aspettare. Una storia che crea incredulità, ma non è altro che la vita di un rifugiato etiope di 41 anni nel millennio dell’esodo globale.

Mesfin è arrivato nel campo rifugiati nella regione del Turkana nel 2001, in fuga dai disordini e i problemi politici che affliggevano, e continuano ad affliggere, l’Etiopia. Appena approdato nel campo, l’ex soldato dell’esercito di Addis Abeba ha cercato di trovare un’occupazione per non vivere soltanto degli aiuti distribuiti dalle diverse organizzazioni umanitarie. Prima ha iniziato a lavorare dedicandosi alla pulizia del campo, poi ha trovato collocamento all’interno di una piccola stamberga che fungeva da caffetteria ed è con i pochi soldi che è riuscito a risparmiare che ha deciso di avviare inizialmente una panetteria e poi il business che l’avrebbe portato da lì a qualche anno a diventare ”The Millionaire”.

Una popolazione di quasi 200mila persone, profughi che dipendevano esclusivamente dagli aiuti umanitari e che spesso li rivendevano per poter guadagnare pochi scellini, sporadici negozi improvvisati che vendevano soltanto vestiti di seconda mano: ecco dunque che Mesfin ebbe l’idea di dar vita a un commercio di prodotti di ogni tipo, investì i suoi risparmi e grazie a degli intermediari kenioti diede vita al primo rivenditore di prodotti all’ingrosso. ”Io avviai il primo negozio e intorno a me vedevo che c’era una richiesta enorme di merci di ogni genere, mentre gli altri commercianti del campo mettevano sui propri banchi soltanto vestiti di seconda mano. Così chiesi loro perché non facessero come me”. Questo ha raccontato Mesfin ai media internazionali e, oltre ad avere suggerito agli altri rifugiati di seguire il suo esempio, ha anche finanziato le loro imprese, creando così una rete di distributori di prodotti all’ingrosso all’interno di tutta la tendopoli che l’ha portato oggi a gestire un business di centinaia di migliaia di dollari.

Una vita che sembra aver mandato in cortocircuito le regole prestabilite dell’immaginario comune che alla parola rifugiati associano, come un automatismo senza contraddizione, i concetti di miseria, disperazione, violenza e sottosviluppo. Tuttavia, la vita controcorrente di Mesfin Gethaun non si è limitata solo alla realizzazione del suo business, ma anche alla scelta che ha dovuto intraprendere oggi che ha preferito il campo profughi al visto per gli Stati Uniti. Lui e sua figlia infatti sono stati selezionati per essere ospitati negli Usa, ma il suo stato di rifugiato gli rende difficile raccogliere i suoi beni, suddivisi tra la banca locale e gli investimenti nel campo, e poterli trasferire all’estero. E quindi, attendendo che l’ambasciata americana in Kenya e l’International Organization for Migration risolvano la sua situazione, per ora ha preferito il sogno che sta vivendo nella tendopoli al più tradizionale ”American dream”.

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