Col neopresidente Macri l’Argentina trema di nuovo – di Gabriella Saba foto di Federico Tovoli

Ha visitato le sale delle torture nel seminterrato e attraversato i cupi corridoi su cui si affacciano le vecchie camere dei militari. È entrato nei locali in cui camion blindati scaricavano i prigionieri, stanzoni scuri e nudi con alte finestre tristi perennemente chiuse per impedire se ne vedesse l’interno, lasciati intatti come testimonianza. Ha ascoltato in silenzio le spiegazioni sulle capucha e sulle capuchitas, gli spazi lugubri in cui vivevano i prigionieri costretti, per tutto il giorno, a indossare cappucci e con i ceppi ai piedi, ammassati su stretti materassi e con la radio accesa giorno e notte. È probabile gli abbiano raccontato, durante il giro, di quando entrava una delle guardie vestite di nero, fredde e impassibili, per gridare il nome di un prigioniero e il numero del locale in cui veniva convocato: di solito il 4, la stanza di tortura. Di certo c’è che il nuovo presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, non si è perso un angolo di quello spaventoso simbolo dell’ultima dittatura e della sua politica di sterminio che è la tristemente nota Escuela de Mecánica de la Armada, la Esma, adibita dopo il golpe del 1976 a centro di detenzione e tortura, il più crudele e spaventoso del regime. Due palazzine rese più tristi per il contrasto tra l’eleganza architettonica e la destinazione atroce e da pochi anni trasformate in Espacio de la Memoria e museo: sede di incontri sui diritti umani e mostre, meta di visite di scolaresche e turisti, un muro d’entrata in cui campeggiano i disegni stilizzati di uomini e croci, ognuno dei quali rappresenta un desaparecido, sagome in alluminio e in ferro intagliati nel muro, o in forma di bassorilievi. Ha visto tutto questo, Macri, eppure la sua visita non ha convinto. Stride l’immagine scanzonata e vagamente frivola del presidente con l’atmosfera di quel luogo e non è solo per una cacofonica impressione d’insieme ma, semmai, per un procedimento logico inverso: se l’impressione è cacofonica è perché Macri non ha abituato a legare la sua immagine a un interesse sia pur vago per i diritti umani, oscillando da una totale indifferenza alla mancanza di considerazione per i rappresentanti più autorevoli delle associazioni tra cui le abuelas di Estela de Carlotto a cui ha negato un incontro per varie settimane, delegandolo al capo di gabinetto Marcos Peña, con la scusa di un’agenda troppo piena (…)

 

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Adolescents born at least fifteen years after the end of the dictatorship, with their skateboard in hand, come to visit one of the many permanent exhibitions of the Espacio Memoria y Derechos Humanos (Ex Esma) and home to a myriad of civil society associations.

Adolescents born at least fifteen years after the end of the dictatorship, with their skateboard in hand, come to visit one of the many permanent exhibitions of the Espacio Memoria y Derechos Humanos (Ex Esma) and home to a myriad of civil society associations.

 

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