Rete e reportage. Che cosa consigliano i grandi giornalisti tedeschi

di Alessandro Alviani

 

Reporter ForumQuando è nato, nel 2007, era interamente focalizzato sui grandi reportage per la carta stampata. Da allora il Reporter-Workshop, l’incontro annuale organizzato dal network tedesco Reporter-Forum  http://reporter-forum.de/, si è evoluto profondamente e oggi guarda con sempre maggiore attenzione alle nuove forme narrative digitali. Non stupisce che nel corso dell’ultima edizione, svoltasi il 13 e 14 giugno nell’avveniristica sede del gruppo Spiegel ad Amburgo alla presenza di circa 300 partecipanti, il pluripremiato reporter dello Spiegel Cordt Schnibben abbia dato agli studenti di giornalismo il seguente consiglio: non cercate di vincere l’Egon-Erwin-Kisch-Preis, il più prestigioso premio per i reportage tedeschi, che nel frattempo è confluito nell’Henri-Nannen-Preis http://www.henri-nannen-preis.de/, bensì concentratevi sul Grimme Online Award http://www.grimme-institut.de/html/index.php?id=180, il più noto premio per i migliori progetti online. La sua motivazione: il Grimme Online Award esisterà anche fra vent’anni, mentre non è detto che tra dieci anni il Kisch-Preis/Nannen-Preis ci sarà ancora. Qui di seguito una selezione – molto personale – dei principali spunti tratti dall’ultimo Reporter-Workshop.

“No Snow Fall”

Cordt Schnibben è convinto che quanto di meglio costruito in Germania negli ultimi decenni nel campo del giornalismo avrà in futuro una chance soltanto se i reportage riusciranno a sfruttare le migliori possibilità offerte dalla rete. Schnibben ha lanciato l’anno scorso un ampio dibattito sul futuro del giornalismo e si è occupato quest’anno del passato nazista di suo padre in “Werwolfhttp://www.spiegel.de/politik/deutschland/nazi-werwolf-spiegel-reporter-schnibben-ueber-seinen-vater-moerder-a-963465.html, un progetto di digital storytelling in otto capitoli che ricorre ai mezzi della graphic novel ed è stato accostato in Germania a “Snow Fall” (http://www.nytimes.com/projects/2012/snow-fall/#/?part=tunnel-creek) del New York Times. Attenzione però, avverte il reporter tedesco: progetti come Snow Fall richiedono un enorme dispendio di energie e c’è il rischio che, al pari di quanto avvenuto con le audioslideshow, l’ondata di entusiasmo generalizzato possa sgonfiarsi dopo un po’. Ecco perché allo Spiegel si lavora secondo il principio “No Snow Fall”. Tradotto: un progetto come Werwolf può essere realizzato una volta all’anno, mentre una strada maggiormente praticabile in futuro appare quella battuta dallo stesso Schnibben col suo lavoro multimediale sul Werder Brema (http://www.spiegel.de/spiegel/spiegelblog/werder-bremen-mein-werder-moment-a-968472.html), realizzato in due settimane da due giornalisti e un programmatore. Tempi brevi e gruppi di lavoro compatti: è questo il futuro della narrazione giornalistica digitale?

Pageflow, ovvero: quando la tv pubblica crea un software open source per i reportage multimediali

La tv pubblica regionale tedesca WDR ha realizzato uno strumento per creare reportage multimediali senza aver bisogno di nozioni di programmazione e ha messo gratuitamente a disposizione il codice. Il software si chiama Pageflow http://pageflow.io e consente di raccontare storie con testi, audio, foto e video. I siti realizzati in questo modo sono “responsivi”, si adattano cioè automaticamente al dispositivo usato per visualizzarli (smartphone, tablet o computer). Per ammissione dei giornalisti David Ohrndorf e Stefan Domke, che hanno presentato Pageflow ad Amburgo, il software non è però ideale per testi molto lunghi. Il codice è disponibile con licenza MIT sulla piattaforma open source GitHub https://github.com/codevise/pageflow Un reportage http://reportage.wdr.de/haldern-pop realizzato con Pageflow ha appena vinto un Grimme Online Award.

Video? Sì, ma brevi. E Twitter rientra nella “drammaturgia esterna”

A proposito di digital storytelling: i video non dovrebbero superare la durata di un minuto, ha avvertito Cordt Schnibben. Filmati di cinque minuti equivalgono a “un vicolo cieco”: difficile che, dopo averli visti per intero, il lettore torni a leggere il testo. Schnibben si è anche soffermato su quella che ha chiamato “drammaturgia esterna”: i social network e in particolare Twitter non andrebbero usati solo per l’autopromozione (“ecco il link al mio ultimo pezzo”), bensì per sviluppare un discorso che coinvolga i lettori, meglio ancora se già nella fase di elaborazione e ricerca di una storia.

“Adaptive storytelling”, il giornalismo digitale secondo il Washington Post

“Adaptive storytelling” è la formula usata da Cory Haik, executive producer e senior editor nella sezione digitale del Washington Post, per riassumere la strada imboccata dal suo giornale. Tradotto: adattare i contenuti ai dispositivi usati dagli utenti (smartphone, tablet, desktop) e al luogo in cui si trovano. E sperimentare. Si va dal principio della “palm to palm production”, cioè della produzione sullo smartphone di contenuti pensati per essere consumati sullo smartphone, all’uso del servizio di messaggistica istantanea Snapchat per coinvolgere i lettori (il Washington Post ha addirittura un producer per Snapchat), da una app per smartwatch all’impiego dei Google Glass durante un gala alla Casa Bianca fino a un’applicazione per il fact checking istantaneo dei discorsi dei politici e a un servizio per svelare le bugie contenute nei trailer dei film. In totale il Washington Post ha 17 sviluppatori nella newsroom, ha spiegato Haik. Da gennaio, ha aggiunto, il Post ha effettuato 50 assunzioni e altre 50 dovrebbero arrivare probabilmente entro fine anno.

Come finanziare un reportage che costa 30mila euro

“Non credo al confine tra osservatore e osservato, bensì provo a dissolvere per quanto possibile questo confine”, ha spiegato Michael Obert, reporter freelance esperto di Africa e Medio Oriente che è stato paragonato a Ryszard Kapuściński e scrive tra gli altri per il mensile tedesco Geo e il magazine settimanale del quotidiano Süddeutsche Zeitung. Obert ha preso spunto da un suo reportage http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/40203/ sulle migliaia di profughi africani sequestrati da gruppi di beduini nella penisola del Sinai e torturati per ottenere un riscatto dalle loro famiglie. Dopo l’uscita del reportage nel luglio 2013 sul Süddeutsche Zeitung Magazin il reporter è stato sommerso di telefonate di persone commosse o turbate dalle sue ricerche. A quel punto ha deciso di lanciare insieme all’ong tedesca Medico International una raccolta fondi per aiutare le vittime delle torture nella penisola del Sinai.

Storie simili sono incredibilmente costose, ha notato Obert. Il suo reportage sul sindaco di Mogadiscio http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/37385/Der-Buergermeister-der-Hoelle, uscito nel 2012 e premiato con l’ambito Reporterpreis, è costato ad esempio 30.000 euro. Come finanziarlo? Obert si occupa in prima persona della commercializzazione delle sue storie: da anni ha iniziato a stringere contatti con media internazionali,  telefona alle redazioni all’estero e le invita a partecipare ai suoi progetti. I costi del reportage sul sindaco di Mogadiscio sono stati sostenuti ad esempio da 3-4 redazioni.

Dalle sue parole emerge la preoccupazione per la sorte degli stringer che lo affiancano sul posto:  “il mio più grande incubo è che i miei informatori e i miei contatti possano subire danni a causa delle mie storie e della mia stessa presenza”.

Il crowdfunding funziona ancora

Durante il Reporter-Workshopè arrivata la notizia che la più grande campagna di crowdfunding nella storia del giornalismo tedesco ha avuto successo proprio sul filo del rasoio. Nell’ultimo giorno utile i “Krautreporterhttps://krautreporter.de/das-magazin (il gioco di assonanze tra “Kraut” e “crowd” è voluto) sono riusciti a sfondare la soglia dei 900.000 euro necessari per lanciare un nuovo magazine online e finanziarlo per almeno un anno. Il magazine dovrebbe partire in autunno. Evidente la soddisfazione di uno dei fondatori, Sebastian Esser, presente ad Amburgo. Oltre 15mila persone si sono impegnate a versare 60 euro l’anno per un magazine che promette quattro storie al giorno – e che è stato accompagnato da non poche polemiche. Gli iniziatori hanno dichiarato ad esempio “kaputt” il giornalismo online, proponendosi implicitamente come coloro in grado di ripararlo – e finendo per essere tacciati di arroganza da altri giornalisti online. (Nota: l’autore del pezzo che state leggendo è tra le oltre 15.000 persone che hanno sostenuto il progetto)

Al crowdfunding si sono affidate anche Lisa Altmeier e Steffi Fetz con la loro iniziativa chiamata “crowdspondenthttp://crowdspondent.de/. L’idea: la “crowd” non si limita a finanziare un progetto prefissato, bensì suggerisce dei temi, che le due giornaliste vagliano, selezionano e realizzano. L’anno scorso Altmeier e Fetz sono state per tre mesi in Brasile. Quest’anno si replica: le due reporter ventiseienni hanno raccolto circa 5.300 euro (l’obiettivo era di trovarne 4.000) per girare e raccontare la Germania tra luglio e settembre.

Anche le redazioni locali realizzano eccellenti progetti digitali

La Berliner Morgenpost dimostra che anche una redazione locale può realizzare eccellenti progetti di data journalism e visualizzazione digitale. Basta guardare il sito http://interaktiv.morgenpost.de/abseits-der-flugrouten/ sulle deviazioni dalle rotte previste effettuate dagli aerei che atterrano o decollano da Berlino,  l’analisi interattiva del discorso tenuto l’anno scorso da Obama nella capitale tedesca  http://www.morgenpost.de/politik/article117125948/Die-interaktive-Analyse-der-Berlin-Rede-von-Obama.html?config=interactive e gli articoli che si pubblicano in automatico nel momento in cui i limiti sulle polveri sottili vengono superati. Julius Tröger, esperto di data journalism alla Berliner Morgenpost, non pensa che tutti debbano saper far tutto: i giornalisti dovrebbero avere un’idea complessiva delle possibilità offerte dai vari tool, ma l’implementazione andrebbe riservata agli specialisti. Il suo consiglio: i giornalisti dovrebbero andare a prendere un caffè coi programmatori, per capire cosa cosa sia fattibile e cosa no.

I “new media”? Non esistono

“I nuovi media non esistono”. Parola di Rocco Castoro, direttore del magazine Vice. La priorità è un’altra: “Storytelling is storytelling”. Il suo consiglio: smettetela di considerarvi “giornalista”, “producer” etc., i bassi costi delle tecnologie digitali hanno reso meno ripida la curva di apprendimento per coloro che vogliono raccontare le loro storie su più piattaforme. Ergo: “Do it, or die”.

“Have fun”

“Have fun”, è il consiglio conclusivo di Rocco Castoro. “Be nice and don’t be an asshole”.

 

About author