Afghanistan, la valle dei melograni dopo il conflitto | Testo e foto di Giuliano Battiston

Il movimento dei talebani nacque proprio qui, nel distretto di Arghandab, dove nei mesi scorsi si è combattuto ogni giorno, anche intorno alla moschea di Tabeen. La coltivazione della melagrana, unica attività produttiva in un’area dove non ci sono industrie, ha sostituito in buona parte quella dell’oppio e ora è un business: nel 2017, in tutto il Paese, la produzione è stata pari a 100mila tonnellate.

 

Con fare sicuro Haji Aminullah Melat Yar si sistema la coperta intorno alle spalle, si piega sul terreno e sceglie una melagrana dal colore rosso rubino: “Una melagrana così dolce e succosa non la trovi da nessun’altra parte, né in Afghanistan, né altrove. Assaggia!”. Quindi prende un coltello, incide la parte superiore, traccia quattro tagli verticali lungo la buccia. Ripiega il coltello e pian piano fa pressione sul frutto, che si apre in quattro parti. I semi brillano al sole. Il suo gesto, lento e accurato, assomiglia a un rito. Ma tutto intorno si lavora sodo. Al caldo sole di fine novembre i lavoratori sono impegnati nell’ultima fase del processo che porterà i frutti nati qui, nel profondo sud dell’Afghanistan, sulle tavole dei consumatori afghani, pachistani, indiani, arabi e perfino europei. “Prima abbiamo portato qui le melagrane raccolte dei miei cinque giardini. Ora le dividiamo per misura e qualità. I frutti grandi da una parte, quelli un po’ rovinati o piccoli da un’altra. Quelli inservibili li usiamo come concime”, spiega Matiullah, che ha trent’anni ed è un piccolo proprietario terriero. “In totale possiedo 35 jerib, tra questo e gli altri quattro giardini. Quest’anno il raccolto è andato bene, grazie a Dio, ma per altri coltivatori è stata una pessima annata”. Trentacinque jerib sono circa sette ettari. Mi trovo nel villaggio di Tabeen, a un’ora circa da Kandahar, capoluogo dell’omonima provincia meridionale dell’Afghanistan. È proprio in quest’area che, nei primi anni Novanta, è nato il movimento dei Talebani, nel triangolo fertile intorno al fiume Arghandab, che dà il nome al distretto di cui fa parte anche Tabeen. (…)

 

Ph. Ahmad e gli altri lavoratori raccontano l’ultima fase del conflitto mentre bevono il tè.

 

Il servizio completo è pubblicato su Reportage numero 49 (gennaio-marzo 2022), acquistabile in libreria e qui in versione cartacea e digitale.

About author