Shady Hamadi – La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana

di Maria Camilla Brunetti

Per capire cosa sta succedendo in Siria in questi mesi forse è importante cercare di conoscerne la storia e la memoria. Che cosa sa l’Occidente della storia siriana? Poco o niente e quel poco che sa viene affrontato distrattamente e senza una reale volontà di capire perché si sia arrivati a un conflitto che dal suo scoppio, nel marzo del 2011, ha causato 90.000 vittime e più di un milione di profughi. Ne La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana. (Add editore – pp. 256 – 15 euro), Shady Hamadi racconta la storia di tre generazioni della sua famiglia, la sua storia, quella del padre Mohamed, quella di Ibrahim – il padre di suo padre, la storia della dissidenza siriana, del suo popolo e della rivoluzione. Shady è nato a Milano nel 1988, da madre italiana e padre siriano. In Siria non è potuto tornare fino al 1997, esiliato dalla nascita per i trascorsi politici del padre, perseguitato perché membro del Movimento Nazionalista Arabo. Ci torna la prima volta nel 2001 e poi ancora a più riprese negli anni successivi. Impara l’arabo, prende contatto con la terra dei suoi padri. Quando, nel marzo del 2011 scoppia la rivoluzione sa che vuole e deve essere al fianco dei suoi compagni, che sposano la causa della rivoluzione, e del suo popolo

“Ibrahim, Mohamed e Shady Hamadi rappresentano tre generazioni di una famiglia siriana che ha vissuto sulla pelle i dolori della dittatura. Poi ci sono Abo Imad, Eva Zidan, Rami Jarrah e molti altri ragazzi che hanno raccontato al mondo la grande rivolta siriana, eroi che lottano per la libertà di un Paese schiavo della propria infelicità.”

Il destino della Siria, ora come mai, appare in tutta la sua tragedia. Ne abbiamo parlato con l’autore.

SHamadi

Ne “La felicità araba” hai parlato in profondità delle radici pacifiste del movimento di opposizione all’inizio della rivoluzione siriana, di ciò che ha rappresentato Homs per il tuo popolo. Hai raccolto le storie e le testimonianze dirette di molti giovani siriani che hanno scelto la via della militanza, rinunciando a tutto, a costo della propria incolumità e di quella delle loro famiglie, a costo della vita. Penso a Ghayath Mattar, a Rima Dali ad Abo Imad. Puoi parlarci di loro?

“Ho voluto parlare a lungo del pacifismo siriano perchè, quando riempiva le piazze siriane, non è stato raccontato dall’Occidente. Il pacifismo siriano non era degno di essere considerato una “notizia”. Ghayath Mattar era un giovane che ha dato il via alle manifestazioni con le rose in mano. Andava a dare l’acqua ai soldati dicendogli “noi siamo come voi, combattiamo anche per la vostra liberta”. Suscitare le coscienze, svegliarle, questo preoccupava il regime; per questo Ghayath è stato imprigionato e assassinato: un fiore faceva e fa più paura di un proiettile. Rima Dali è una ragazza alawita, quindi della stessa setta di Assad, che un anno fa si è presentata sotto il parlamento siriano con un lenzuolo rosso con scritto: fermate le uccisioni, vogliamo una Siria per tutti i siriani. Arrestata e rilasciata dopo 48 ore, qualche mese fa, insieme a 4 amiche, si è presentata vestita da sposa nel mercato di Damasco con lo stesso cartello. Per questo gesto, che, ovviamente, non ha guadagnato la prima pagina di un giornale, visto che non è stato considerato un gesto straordinario – anche se lo è – è finita in prigione insieme alle sue amiche. Erano consapevoli, quelle quattro “spose” di quello che il loro gesto comportava: la prigione, la tortura, lo stupro e, forse, la morte. Per fortuna queste quattro ragazze sono uscite sane e salve. Abo Imad è un ragazzo di Homs che, al momento, non so se sia vivo o morto, perché non riesco a contattarlo. È stato torturato ed è giovanissimo. Il pacifismo siriano, abbandonato quando era forte, sono sicuro che avrà un ruolo nel difficile percorso di riconciliazione in Siria.”

Quale è stato, e qual è, il ruolo delle attiviste nella rivoluzione siriana?

“Hanno un ruolo pari a quello degli uomini. Rima Dali ne è l’esempio. Altri casi sono quelli di Razan Zaitoneh che è a capo dei Comitati di Coordinamento Locali, lei conta i morti. Giornalmente noi sappiamo quanti siriani muoiono nell’indifferenza mondiale… grazie a una donna!”

Dopo la presa di Qusayr da parte delle truppe di Assad e di Hezbollah, e la conseguente ricostruzione del corridoio tra Damasco e il Libano, cosa succederà ora in Siria?

“I lealisti si spingeranno verso Aleppo per tentare di espugnare la parte della città sotto il controllo dei ribelli. Assad vuole sedersi a Ginevra con la maggior parte del territorio sotto il suo controllo.”

Assad, in un’intervista rilasciata alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha lanciato un monito: se l’Europa aiuterà i ribelli si trasformerà in terreno propizio ad attacchi terroristici. Il G8 che si è appena concluso in Irlanda del Nord, ha evidenziato ancora una volta quanto restino lontane le posizioni di Usa e Russia sulla gestione del conflitto siriano, con Putin che ha fermato duramente l’ipotesi di una no-fly zone sulla Siria dopo che Obama qualche giorno prima si era detto pronto a sostenere l’esercito anti Bashar. Resta in piedi però l’ipotesi del processo di Ginevra2. Cosa ti aspetti dagli accordi internazionali?

“Non ci può più essere soluzione politica o è difficilissimo che ci sia. Voi vi siedereste a tavolo con chi bombarda casa vostra? Ci sono 90 000 cadaveri sul tavolo della conferenza di Ginevra e si chiede ai siriani di trattare con un regime che, ancora oggi, definisce quello che avviene un complotto estero finanziato da Israele, Americani e Sauditi. Assad chiama l’opposizione – banda di terroristi -. Come si può trattare se non c’è neanche un riconoscimento dell’opposizione da parte di Assad? I 2 milioni di profughi per la dialettica di regime non esistono neanche.”

Secondo le stime dell’Onu, sono circa 93.000 le vittime del conflitto siriano dal marzo del 2011 e ora al confine con il Libano ci sono più di un milione di rifugiati civili siriani. Che notizie hai dei campi profughi in Libano?

“Il Libano non ha istituito ufficialmente campi profughi. Se ci sono, sono stati fatti dai siriani. Sono tornato a Marzo da un giro in Libano. Sono andato al confine con la Siria a guardare da una collina il villaggio della mia famiglia, le mie radici, e, poi, ho parlato con molti siriani. C’è un completo abbandono. Il governo libanese non fa nulla per l’emergenza profughi, questo a causa di Hezbollah e di altri partiti. L’Onu deve, assolutamente, mettere in campo, davvero, la sua forza per salvare le persone dalla miseria. Penso ai bambini siriani che si aggirano tra le strade di Beirut: mutilati, con gli occhi spenti. Se i bambini siriani sono il futuro, noi li stiamo abbandonando privandoli della spensieratezza.”

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