I libri che abbiamo letto su Reportage numero 42

“Quando una nobildonna incontra un profugo”. Benoit Cohen Mohammad, mia madre e io. (SEM Libri)

Quando Benoit Cohen, regista francese da qualche tempo trasferitosi a New York, chiama la madre a Parigi per chiederle come stia e per raccontarle di sé e della sua nuova vita newyorkese alle prese con l’appena avvenuta elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti, ancora non sa nulla di ciò che la donna ha deciso. Apprende così casualmente, mentre si congeda da quella telefonata, che la madre sta aspettando Mohammad, il giovane richiedente asilo afghano che andrà a vivere con lei, nell’elegante appartamento di famiglia ai piedi della tour Eiffel. “Chi stai aspettando?”, chiede il regista, certo di non avere compreso bene. “Mohammad – risponde l’elegante dame francese settantenne – ero certa di avertene parlato”. È in questo modo che il figlio viene a sapere che la madre, senza confrontarsi con nessuno dei familiari, ha deciso di intraprendere le pratiche per ospitare un rifugiato richieste asilo in Francia e che il momento è arrivato. Quel giorno il ragazzo finalmente si trasferirà da lei. Marie-France è una donna elegante, colta, allegra, benestante, indipendente. Rimasta vedova di recente vive sola in una dimora del XVII secolo nel quartiere degli Invalides. Il suo senso di impotenza e di dolore cresce con il passare dei mesi, con le immagini dei profughi che fuggono dai conflitti siriani e iracheni, dall’Afghanistan e si mettono in viaggio sulla rotta balcanica, o sui gommoni morendo a migliaia nel disperato sogno di raggiungere l’Europa. Ogni volta che vede intere famiglie chiedere l’elemosina per le strade di Parigi, a ogni talk sulla tv francese, a ogni strumentalizzazione politica cresce in lei il pensiero che forse potrebbe fare qualcosa in più. E così si dice che può farlo, che può accogliere nella sua la vita di una persona che ha bisogno di rifugio, di pace e di una possibilità per ricominciare a vivere. È in questo modo che le traiettorie di MarieFrance e Mohammad – originate da poli lontanissimi – si uniscono e i due imparano ad ascoltarsi in un dialogo delicato, rivoluzionario e quotidiano come solo un vero incontro sa essere. Mohammad diventa parte della famiglia di Marie-France, che impara soffrendo a rispettare il dolore del ragazzo, la determinazione con la quale vuole raggiungere ciò che si è prefisso, avendo già perso ogni altra cosa. Anche Benoit e Mohammad sapranno costruire un profondo dialogo privato. Le parole di questo libro sono un dono di quel tempo condiviso.
Maria Camilla Brunetti

 

“Tra sdoppiamenti e manipolazioni”. Vadislav Vančura  La fine dei vecchi tempi (Einaudi)

Lo scrittore ceco Vadislav Vančura fu torturato e ucciso dalle Ss nel 1942, dopo l’attentato contro il “boia di Praga”, Reynhard Heydric. Era un membro del Partito comunista cecoslovacco, che aveva aderito alla Resistenza contro i nazisti. La fine dei vecchi tempi, considerato il suo capolavoro, racconta il passaggio – per bocca del mite ma funambolico bibliotecario Bernard Spera – dalla società aristocratica a quella borghese e capitalista, attraverso la contrapposizione di due figure principali, un sedicente principe russo, Aleksandr Megalrogov, e il ricco possidente terriero Josip Stoklasa, due personaggi che potrebbero essere usciti anche dalla penna dei connazionali Hašek e Čapek, per dire dello stile. Megalrogov, che ha il ruolo centrale nel romanzo, è un incantatore, una specie particolare di fanfarone, “esperto nell’arte di maneggiare le carte e del raccontare frottole”. Lo stesso Spera, il quale scrive di queste vicende molti anni dopo che si sono verificate e si divide tra Megalrogov e Stoklava come un servitore di due padroni, ama anch’egli lo sdoppiamento (di se stesso) e la manipolazione (del lettore). Cosicché il racconto è sempre in bilico tra il vero e il falso, un ambiguo punto dove non si sa se le cose sono realmente accadute o soltanto immaginate. Il che garantisce al romanzo uno spessore letterario di grandissimo livello, nel solco – appunto – della migliore letteratura ceca. Riccardo De Gennaro

 

“Il codice patriarcale degli Usa del futuro”.  Margaret Atwood I testamenti (Ponte alle Grazie)

Margaret Atwood ha la capacità di fondere l’intimità con la società e di fare del punto di vista di una donna lo sguardo politico – del tutto libero dalle categorie e dai limiti di gender – di cui si ha bisogno nella società di oggi. I testamenti, uscito per Ponte alle Grazie nella traduzione di Guido Calza, scritto a più di trent’anni dal Racconto dell’ancella, introduce il lettore alle contraddizioni di un Paese che si vuole il più democratico del mondo. Siamo negli Stati Uniti di un lontano futuro in cui non esiste la libertà individuale, ma un sistema oligarchico di controllo generalizzato. Non è dominato dalle macchine, ma da un codice patriarcale che inquadra le persone in rapporti di potere stabiliti solo dalle qualità biologiche. Nascere uomo o donna determinerà il nostro posto nel mondo. La società è articolata secondo relazioni ancestrali, in cui lo scopo delle donne è ridotto alla riproduzione e alla cura della specie. Nel Racconto dell’ancella Atwood ci aveva abituato al punto di vista ‘debole’ di una protagonista sottomessa al sistema: la schiava sessuale, una specie di catalizzatore delle sofferenze dell’umanità intera. Nei Testamenti la voce principale è quella di una donna regolarizzata nel sistema, una ‘forte’ esecutrice della legge, zia Lydia. Le contraddizioni dell’ideologia di controllo si acuiscono. In questo ritratto, non si vede forse, con ancor più forza che nel Racconto dell’ancella, un’acuta preveggenza di molti aspetti del governo Trump? Maria Borio

 

“Il ritorno alla vita dopo Charlie Hebdo”. Philippe Lançon La traversata (Edizioni E/O)

Quella fredda mattina del 7 gennaio 2015 Philippe Lançon è alla riunione di Charlie Hebdo, il settimanale satirico al quale collabora. È la prima dopo la pausa delle festività natalizie, non è obbligato ma gli fa piacere esserci. Philippe è un giornalista culturale di quasi cinquant’anni che scrive per Libé, un matrimonio finito alle spalle e un nuovo amore con una ballerina cilena che vive a New York. ma in quel momento non può nemmeno immaginare che due ore dopo non sarà più quello di prima. Mai più. Quando i due estremisti islamici fuggono dal luogo dell’attentato dopo avere ucciso dodici tra giornalisti e guardie di sicurezza, Lançon è un superstite, uno degli undici feriti. Una pallottola lo colpisce al viso distruggendogli parte della mandibola e danneggiando gravemente la parte inferiore del viso. La traversata racconta l’odissea di un uomo per tornare alla vita. È il racconto di undici mesi e di svariati interventi ai quali Lançon fu costretto in ospedale e che gli hanno permesso la parziale ricostruzione del viso. È il diario, scarno e poetico, della risurrezione laica di un uomo che nasce dalle ceneri di una ferita inestinguibile. Il ritorno alla parola, la sfida del riconoscersi, della solitudine, del silenzio. Una scuola durissima, una riflessione costante sul valore della vita, sul significato della parola cultura e sul senso dell’umanità nelle nostre società in tumulto.
Maria Camilla Brunetti 

 

“Un viaggio nell’abisso per salvare la figlia”. Ade Zeno L’incanto del pesce luna (Bollati Boringhieri)

L’incanto del pesce luna di Ade Zeno, pubblicato da Bollati Boringhieri, potrebbe essere un romanzo horror, dove non si sa mai se i morti sono veramente morti e i vivi veramente vivi e a spuntarla, alla fine, sono sempre gli esseri più mostruosi. Ma anche una fiaba che alterna tinte nere a tinte rosa e che – come tutte le fiabe – prevede un lieto fine. Oppure un “giallo”, dove si sfidano la squadra dei buoni e la banda dei cattivi, che rapisce la gente, la porta in una villa misteriosa e gli fa fare una bruttissima fine, fermo restando – tuttavia – che anche i buoni proprio buoni non sono. Uno di loro, che passa appunto per buono, il protagonista del romanzo, Gonzalo, dopo esser stato per anni impiegato come cerimoniere in una Società di cremazione, si vende a una losca organizzazione, guidata dalla Signorina Marisòl, che ogni settimana necessita di carne fresca per sopravvivere. Lo ha fatto perché sua figlia è in coma da quando aveva otto anni e deve far fronte alle spese ospedaliere (come se non bastasse, sua moglie lo ha lasciato). Ade Zeno si muove con disinvoltura sia sul fronte fiabesco (quello del pesce luna), sia su quello che potremmo definire splatter; così come Gonzalo coniuga senza alcun problema morale il suo ruolo di padre e di complice degli assassini. Fatta salva qualche oscurità del plot, soprattutto nel finale, il romanzo ha una grande forza stilistica e narrativa, dati non da poco nella produzione letteraria italiana del presente. Riccardo De Gennaro

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