Quando Cruyff fu ammonito nell’intervallo – di Fernando Acitelli

E no, signori miei, così non va, e quell’inizio di intervallo della finale tra Germania Ovest e Olanda fu macchiato dall’ammonizione dell’arbitro Jack Taylor nei confronti di Cruyff e comunque, malgrado tutti i resoconti di questo mondo, le Confessioni, i Pensieri, come si trattasse di Sant’Agostino e di Pascal, non sapremo mai come andarono veramente le cose tra i due e perché l’arbitro inglese ammonì Cruyff, ecco, questo il punto, noi non la sapremo mai la parola, proprio quella che colpì l’arbitro e lo indusse ad ammonire il fuoriclasse olandese, certo il fuoriclasse degli anni ’70, l’unico sulla scena del mondo, nessun altro, nemmeno a metterne tre insieme e fonderli e impastarne uno, no, niente da fare, Cruyff, soltanto lui, e poi quella parola, quella, che rovinò l’Olanda, ecco, proprio così, rovinò l’Olanda perché parve affare minimo quell’ammonizione, certo, ai più, alle moltitudini, ai parvenu dello schema, agli ultimi arrivati, ai diseredati del pensiero, ai precari dell’intuizione, agli approssimativi in tutto, in giacchettella e cravattone e orologio come dono, mai sprecata una lira i parvenu dello schema, ma va bene, dicevamo, allora, proprio così, parve niente l’ammonizione all’inizio dell’intervallo, al primo istante del non gioco in una finale mondiale, parve niente ai biscazzieri del pensiero, parve una sciocchezzuola ma in vero non fu così perché un’ammonizione durante il rientro negli spogliatoi è qualcosa di molto strano, qualcosa che lascia il segno, è come un sisma nell’animo di chi la subisce ed è, anche, qualcosa di non ancora avvistabile, chiarissimo soltanto agli scienziati, è una specie di bosone, proprio così, un bosone, qualcosa che d’improvviso accade ma che non era previsto, non si conosceva e allora Taylor macchiò l’umore a Cruyff, lo lesionò interiormente, lui, l’unico fuoriclasse in quel decennio in Europa e nel mondo se Pelè stava accantucciandosi nella sua vetrinetta dorata stile British Museum, e quell’ammonizione lesionò anche me che tenevo troppo a che Cruyff stesse bene, stesse in armonia, ma quell’ammonizione fu molto più grave d’un fallaccio in contemporanea della contraerea Vogts-Breitner-Schwarzenbeck, ecco, molto più grave perché l’animo è tutto e viene prima l’animo, l’armonia di spirito che uno scatto, perché lo scatto senza l’armonia di spirito non può venire e, se viene, è per spontaneità, rammemorazione dell’intuito, fatalità originaria, proprio così, e dunque la fase più importante di quella finale non fu che quello, il primo momento dell’intervallo, il rientro negli spogliatoi, la risposta immediata ad una precisazione di Cruyff all’arbitro Taylor, al suo sguardo da esattore più che da macellaio (la sua vera professione), alla sua chioma integra, trattata con lievissima mano di brillantina, ed io ero ospite in quella finale, ero ospite in una casa all’Appio Claudio, ecco, la parte snob di Cinecittà a quei tempi, nel ’74, la parte pariolina di Cinecittà, l’Appio Claudio, stavo lì, e precisamente in via Sestio Calvino, da una mia amica di scuola che si chiamava Simona e che non vide, non capì, né lei e neppure gli altri amici che dicevano di stare lì per assistere ad una finale mondiale ma che in realtà non era vero, ecco, né Simona e neppure i suoi amici s’avvidero che l’ammonizione comminata dall’inglese Taylor a Cruyff aveva di fatto lesionato la partita, l’aveva già decisa perché Cruyff con quell’ammonizione al primo istante dell’intervallo non sarebbe potuto essere più lo stesso nella ripresa e poi era una vera macchia una ammonizione a gioco fermo, nel mentre si rientrava negli spogliatoi, ma il fatto era chiaro, chiarissimo, come no, il fuoriclasse in quel pomeriggio coperto sarebbe voluto essere lui, Taylor, e non Cruyff come era nell’ordine delle cose e così, egli, ascoltando quella parola orange di cui nulla mai si saprà, ammonì il numero 14 olandese e si definì inflessibile, lui, non sapendo che comportandosi a quel modo stava alterando la finale mondiale perché l’armonia interiore di Cruyff non sarebbe stata più la stessa, lui, ammonito, a gioco fermo, nel primo istante dell’intervallo, cose mai viste, mai accadute, anzi, mai accadute ad un fuoriclasse, ed io allora mi sentii ancora più recluso nel mio cantuccio e non pensai più che stavo nella parte pariolina di Cinecittà, vale a dire l’Appio Claudio e che sarei potuto essere anche nel settore proletario di Cinecittà, vale a dire via Flavio Stilicone, via Livio Salinatore, via Marco Petreio, no, e nemmeno pensai che sarei potuto essere al Quadraro, in via dei Quintili, proprio no, non potei pensare a nulla di tutto questo perché anch’io fui lesionato dall’azione dell’arbitro Taylor che nel primo momento dell’intervallo, praticamente rientrando i calciatori negli spogliatoi aveva ammonito Cruyff, reo di una parola fuori posto, pensate un po’, e io non riuscivo a capire, in quella casa in via Sestio Calvino, nel settore pariolino di Cinecittà e non nel settore proletario, che parola potesse essere quella pronunciata da Cruyff e se nel frattempo la padrona di casa che veniva con me al Liceo portava le bibite e i pasticcini e ipotizzava prossime gite al mare essendo stati tutti promossi, gite a Castel Porziano, dopo Ostia, al sesto cancello, sempre lì, una favola con la metropolitana leggera e poi l’autobus 06, ecco, se Simona componeva tale rinfresco io ero con tutto me stesso contro l’arbitro Taylor che in quei minuti d’intervallo stava senz’altro specchiandosi, pettinandosi e poi esibendosi in flessioni sulle gambe stile hop hop hop che fisico che ho, che prestanza e che vigore e tutte queste prosopopee, senza pensare d’aver ammonito Cruyff a tempo scaduto, va bene, ecco la storia ed io ad un certo punto, con un diplomatico in mano m’affacciai alla finestra e finii nel pieno dell’Appio Claudio, vale a dire nella parte snob, ricca, pariolina di Cinecittà e non nella parte proletaria che iniziava dalla discesa del Quadraro e comprendeva tutto il lato sinistro di Cinecittà, via Papiria, via Calpurnio Fiamma, via Calpurnio Pisone, via Lucio Mummio, ma non che frugassi in qualcosa e avevo ancora di fronte l’arbitro Taylor e lo interrogavo con foga e mica avevo paura, pure se lui era macellaio di professione, dunque era un sogno che io allestivo per contrastare quell’ammonizione comminata a Cruyff, proprio così, ma dalle parole (sempre nel sogno) sarei potuto passare ai fatti, mica ero tenero io coi pensieri le opere e le orazioni, proprio no, e davanti a fatti simili divenivo un’altra persona e perdevo il sereno che sempre m’accompagnava, ma se con lo sguardo raggiungevo il parco di via Lemonia, anche detto “Parco dell’Acquedotto”, il mio risentimento era al sommo anche perché nel salone non sentivo una sola persona che se la stesse prendendo con l’arbitro inglese Taylor che aveva ammonito Cruyff rientrando le squadre nello spogliatoio dell’intervallo della partita Germania Ovest-Olanda, per la qual cosa già sentivo compromessa la partita e scontato l’esito finale, ecco, non sentivo una sola parola contro Taylor e stavo male e il diplomatico che stavo azzannando era amaro, certo, aveva cambiato sapore e non riconoscevo più neppure la dolcezza delle paste, ecco, tutto s’era alterato e se la mia disarmonia era al sommo potevo immaginare quella di Cruyff dentro lo spogliatoio, magari seduto accanto a Neeskens, a scambiarsi qualche parola di conforto oppure ad accennare ad uno schema, ma in vero Cruyff era in balia di quell’ammonizione e non avrebbe potuto più combinare nulla perché la sua disarmonia era immensa ma non potevo dire se fosse più alta la sua che la mia,  ecco, questo non potevo dirlo e forse anche la mia aveva un peso notevole visto che alle mie spalle nessuno commentava quell’episodio dell’ammonizione di Cruyff da parte dell’arbitro Taylor nel primo momento dell’intervallo, ecco, Simona e i suoi amici non commentavano quell’episodio che era l’episodio che avrebbe cambiato inesorabilmente la partita, e che Cruyff stesse soffrendo lo pensavo soltanto io in quel settore di Cinecittà snob, pariolino, e non proletario con via Flavio Stilicone come vetta.

 

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